BARBERA D'ALBA RATTI


Renato Ratti è un « grande » indiscusso della vitivinicoltura piemontese. Attuale direttore dei Consorzi dell'Asti e del Barolo e Barbaresco, vinificatore tra i più ammirati, è anche letterariamente impegnato. Alcune sue pubblicazioni (Della vigna e del vino nel-l'Albese, Civiltà del vino, Manuale del bevitore saggio e, la più recente, Guida ai vini del Piemonte) sono fondamentali e indispensabili per la corretta conoscenza dei grandi vini piemontesi. Infine tutti gli dovrebbero essere grati per l'allestimento del Museo Ratti dei vini d'Alba, sistemato tra le antiche mura dell'Abbazia dell'Annunziata, una rassegna viva di tradizioni e di immagini realizzata per degnamente coronare l'opera di affinare e selezionare uve, per tenere alti onore e prestigio della produzione vinicola albese. Il Museo raccoglie testimonianze sulla civiltà» contadina, sulla storia tecnica dei vigneti, dai reperti archeologici di origine romana alle più antiche testimonianze sull'uva nebbiolo (1268), sul moscato (1512) e sul dolcetto (1593), ai vecchi contenitori, alle bottiglie del settecento e dell'ottocento, ai calcaturaccioli, agli strumenti di misura, agli aratri, ai gioghi, agli attrezzi del maestro bottaio, ai torchi, alle carte e ai documenti di origine dei vini albesi. Meta ininterrotta di attenti visitatori, il Museo è il segno palpabile della grande passione e dell'alta competenza di Renato Ratti, instancabile animatore di tutte le azioni tese a valorizzare e a far conoscere i vini dell'Albese. D'altra parte, penso che alcun'altra cosa come i suoi vini siano gli strumenti più idonei a questa opera di conoscenza e di valorizzazione: dal Barolo Marcenasco al Dolcetto, al Nebbiolo e a questo Barbera d'Alba dai vigneti di Altavilla e di Arione che illustro in scheda. In una sola cosa non sono d'accordo con l'enotecnico e con il letterato-poeta-artista del buon vino: quel femminile aggiunto al nome Barbera. È vero, se ne discute da anni se dire « la » Barbera o « il » Barbera. Personalmente ho optato per il macchile, lasciando il femminile all'uva barbera. Mi sembra più giusto e soprattutto più consono ai caratteri tipicamente maschili di questo vino generoso e robusto, alcoolico e, a volte, aspro soprattutto in gioventù. Se non mi trova quindi consenziente quando lo definisce « vino femminile in una miriade di vigorosi e virili vini », lo ammiro brindando alla sua salute con questo suo Barbera « coro di vigna e di tine ribollenti, rosso squillante, strepitoso e cardinalizio, quintessenza dell'uva e della tradizione familiare di campagna ».

Nessun commento:

Posta un commento