BARBERA D'ALBA FRANCO-FIORINA
Appena scritta l'ultima pagina di questo libro mi accingerò a scrivere la prima di un altro. Si chiamerà: II grande libro dei Barbera. 11 Barbera mi affascina, come vitigno, come uva, come vino; mi affascina per la sua multiforme vita, per la sua generosità, per la straordinaria rusticità. Nel mare degli appunti di viaggio, ritrovo gli incontri con i Barbera sardi, emiliani, campani, veneti, lombardi, piemontesi e mi emoziona sapere che entra nella composizione di molte decine di vini a DOC e in molte centinaia di cosi detti « vini da tavola », quelli cioè con nomi geografici o di fantasia. Ma tra tutti i Barbera che ho assaggiato, studiato e amato, quelli di Alba li considero i veri Barbera, di un gradino superiori a tutti. Certamente sono il terreno e il clima che influenzano le uve; poi il modo di vinificarle; sopra tutto c'è il fatto che il Barbera d'Alba, a differenza di quello d'Asti e di quello del Monferrato (sono i tre Barbera a DOC del Piemonte), è l'unico che deriva dalle uve del solo vitigno omonimo. E ha di conseguenza un pregio particolare: se è aspro e duro da giovane (tanto che il disciplinare impone due anni di invecchiamento obbligatorio per il tipo normale e ben tre per il « superiore », gli stessi del Barbaresco), a invecchiamento raggiunto acquista un profumo caratteristico, inconfondibile, che ricorda quello più delicato del Barolo. Gli intenditori locali sostengono che oltre a essere ricco di profumo, robusto, sapido e armonico, baroleggia nettamente. Tali caratteristiche si riscontrano d'acchito nel Barbera d'Alba prodotto dalla Franco-Fiorina (notizie sul produttore-vinificatore le potrai trovare, particolareggiate, nella scheda riguardante il Barbaresco della stessa casa albese), così come in quello prodotto da Renato Ratti, pure presente in scheda. Vino robusto, generoso, gradevolmente amaro, rosso rubino intenso da giovane, ricco di corpo e di estratto, invecchiando assume una colorazione tendente all'aranciato classica dei vini maturi, perdendo quell'asprezza giovanile che a volte lo fa disdegnare dai palati delicati d'oggi, male avvezzi alle sensazioni violente e prepotenti cui invece erano abituati i nostri nonni. Da giovane si accompagna a tutte le portate, un vero e proprio jolly della tavola; maturo merita i piatti forti, i bolliti, gli arrosti, i formaggi piccanti. Bevuto da solo è il ristoro, il « vino che è pane », come qualcuno ebbe a definirlo argutamente.
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